VALTELLINA

La Valtellina è una regione alpina, corrispondente al bacino idrico del fiume Adda a monte del Lago di Como. Si trova nella regione Lombardia. L’intera valle, come anche la Valchiavenna, fa parte della Diocesi di Como e costituisce la Provincia di Sondrio. La Valtellina, assieme ai territori di Monferrato, Langhe e Roero è stata ufficialmente candidata per essere inclusa nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO.

Della Valtellina fanno parte numerose valli laterali, come la Val Malenco, Val Masino, Valle del Bitto. Terra svizzera è la Val Poschiavo, mentre la restante parte appartiene quasi tutta alla Provincia di Sondrio. Solo minuscoli spicchi sono in Provincia di Como e Lecco.

SITO VALTELLINA: http://www.valtellina.it
SITO WIKIPEDIA VALTELLINA: http://it.wikipedia.org/wiki/Valtellina
SITO VALTELLINA TURISMO MOBILE: http://www.valtellinamobile.it

La valle è parallela al crinale alpino essendo impostata sulla Linea Insubrica, sistema di faglie che segnano la saldatura tra l’antica Europa e la Placca Adriatica staccatosi dal Gondwana. Separa quindi le Alpi Centro-Orientali (Alpi Retiche occidentali) dalle Alpi Sud-Orientali (Alpi e Prealpi Bergamasche e Alpi Orobie); è lunga 120 km e larga 66 km.

Il fiume Adda, scendendo dalla Valle di Cancano, sino a confluire nel Lago di Como, traccia il corso della Valtellina, la quale tocca a levante il Trentino-Alto Adige, a sud le province di Bergamo e Brescia, a settentrione le terre svizzere dei Grigioni. Con l’eccezione della Val Poschiavo (vallata svizzera di lingua italiana che conduce a St. Moritz tramite il Passo del Bernina), da tutte queste zone la Valtellina è separata da montagne più o meno alte, alcune altissime e fra le prime d’Europa; è sufficiente nominare il massiccio del Bernina, l’Ortles, il Cevedale, il Gran Zebrù e il Gruppo dell’Adamello – Presanella. Ad occidente la Valtellina inizia con il Pian di Spagna, vasto pianoro un tempo paludoso, corrispondente all’innesto dell’Adda nel Lario, ora in gran parte bonificato, e confina con le province di Como e di Lecco. La valle si sviluppa quindi in una serie di bacini, chiusi da strozzature quando i due crinali montuosi si avvicinano.

Infine, le montagne chiudono quasi la valle, lasciando solo un piccolo e difficile accesso ad un ultimo, vastissimo anfiteatro, che forma la conca (anticamente il contado) di Bormio. Si dipartono dalla conca bormina: a ovest la breve valle di Pedenosso, in cui confluiscono la Val Viola e la Val di Dentro: quest’ultima conduce, attraverso il Passo del Foscagno, alla conca di Livigno e quindi all’Engadina e ai Grigioni; a Nord la Valle del Braulio, lungo la quale sale la strada del Passo dello Stelvio; ad est la Valfurva, con le convalli Val Zebrù, Valle dei Forni e Valle del Gavia che, attraverso l’omonimo e asperrimo valico, connette Valtellina e Valle Camonica.

I principali valichi della Valtellina, sono il passo dello Stelvio (che con i suoi 2758 metri è il più alto d’Italia e il secondo in Europa), spesso protagonista del Giro d’Italia, che porta in Val Venosta (Alto Adige), il passo del Gavia (2621 m) verso l’Alta Val Camonica, il Passo San Marco verso la Val Brembana e quello dell’Aprica (1200 m) verso la Val Camonica di Edolo.

La città principale e capoluogo di Provincia è Sondrio; altre località importanti sono Tirano, Morbegno, Teglio, Bormio e Livigno. Queste ultime due sono mete turistiche assai rinomate per i loro impianti sciistici. Livigno ha inoltre il vantaggio di essere porto franco mentre Bormio quello di avere delle ottime acque termali note sin dall’antichità (Terme di Plinio). La conca di Livigno, per quanto riguarda la conformazione dei bacini idrici, si trova nel bacino dell’Inn.

L’artigianato

Settore molto tradizionale, attualmente legato a figure del passato come lo spazzacamino e l’arrotino, che scendevano nelle città (come Milano) a trovar fortuna. Attualmente si può considerare fiorente l’attività di produzione del pezzotto, un tappeto costituito di scarti di tessuto intrecciati con filo di canapa.

Il settore agro – alimentare

Il settore agro-alimentare è tradizionalmente molto forte in Valtellina, le cui ottime specialità gastronomiche sono vendute in tutta Italia e nella vicina Svizzera. Tra i prodotti più importanti: la bresaola, i formaggi tipici (Bitto, Casera, etc.), i pizzoccheri, gli sciatt, le mele. I prodotti locali sono utilizzati per piatti tipici come i pizzoccheri e le manfrigole.

Il settore vinicolo

Ben noti sono i vini della Valtellina prodotti principalmente con le uve Nebbiolo, localmente dette chiavennasche. Il vino viene prodotto negli ampi vigneti a terrazzo lungo le pendici media e bassa valle. La qualità dei vini rossi, sono rari i bianchi e assenti i rosati, è elevata e certificata dei marchi DOC e DOCG. Tra i più noti vanno citati: Valtellina superiore DOCG con le sue sottozone (Inferno, Grumello, Sassella, Valgella, Maroggia) e lo Sforzato di Valtellina (ottenuto con uva passita).

I vini valtellinesi sono distribuiti a livello nazionale e internazionale; una percentuale importante viene esportata nella vicina Svizzera, nel solco di una tradizione secolare di scambio.

Il turismo

La montagna valtellinese offre numerosissime opportunità sia per gli escursionisti che per gli alpinisti, tradizionali e free climbers; in valle si trovano numerose rinomate stazioni sciistiche quali Aprica, Bormio, Caspoggio e Chiesa in Valmalenco, Livigno e Santa Caterina Valfurva.

Infine, una località turistica e stazione sciistica è Livigno che in termini strettamente geografici, si trova al di fuori della Valtellina, essendo al di là del crinale delle Alpi, ma che è parte integrante della Provincia di Sondrio. Altre stazioni sciistiche di più piccole dimensioni, facilmente raggiungibili da Morbegno e Sondrio, come Pescegallo e Prato Valentino, consentono la fruizione dell’offerta in un contesto più raccolto e familiare.

In questa valle si trovano anche diverse sorgenti termali calde, una ai Bagni di Masino e una con sette sorgenti ai Bagni di Bormio; in queste località vi sono quattro stabilimenti termali, uno nella prima e tre nella seconda.
La Valtellina è servita in direzione Nord dalle Ferrovie Retiche con la pittoresca ferrovia del Bernina che conduce all’omonimo Passo attraverso la Val Poschiavo e da qui all’Alta Engadina; in direzione Sud da Trenord, con una linea che congiunge Sondrio, Chiavenna e Tirano con Milano e Lecco.
La Valtellina accoglie il settore lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio (dai Laghi di Cancano a tutta la Valfurva), nonché il Parco Regionale delle Alpi Orobie.

Principali località turistiche

Aprica, Bormio, Caspoggio, Chiesa in Valmalenco, Livigno, Santa Caterina Valfurva, Teglio, Tirano, Val Gerola, Val Masino.

Prodotti tipici

Cucina della tradizione: Polenta taragna – Polenta Cròpa – Pizzoccheri – Sciatt – Taroz – Bisciola – Chiscioi
Salumi e formaggi: Bresaola della Valtellina – Slinzega – Bitto – Casera
Vini: Sforzato di Valtellina – Valtellina superiore – Valtellina superiore Sassella – Valtellina superiore Grumello – Valtellina superiore Inferno – Valtellina superiore Valgella – Valtellina superiore Maroggia – Rosso di Valtellina – Valtoline
Amari: Braulio

L’antichità

Il Trofeo delle Alpi ricorda la tribù alpina dei Vennoneti, probabilmente gli antichi abitanti della Valtellina.

La vallata fu colonizzata, fin da epoche antichissime, da popolazioni di origini celtiche, liguri ed etrusche. In particolare Virgilio, Plinio il giovane (comasco) e Marziale narrano di come, in età pre-romana, i primi insediamenti ligustici ed etruschi avevano importato in Valtellina la vite dalle zone delle Cinque Terre e della Lunigiana.

L’antichissimo popolo dei Liguri si stanziò appunto, oltre che su una lunga costa che andava da Marsiglia a Luni, lungo la dorsale appenninica settentrionale, su entrambi i versanti delle Alpi Occidentali. Raggruppati in stirpi o tribù, in particolare i Liguri Stazielli, acquisirono – dato che conoscevano già la vite – dai Greci i primi rudimenti di vinificazione.

Potrebbero dunque essere stati dei Galli Liguri ad introdurre il vitigno “Nebbiolo” in Valtellina, quando la colonizzarono. Il loro passaggio attraverso la Val Chiavenna diede allora l’appellativo “chiavennasco” al vitigno originale. Ma questa è solo una mera ipotesi.

L’Alto Medioevo

La Valtellina dopo aver fatto parte dell’Impero Romano finì nel 568 d.C. sotto il dominio longobardo. Numerosi gruppi arimannici si stanziarono in queste terre, fra i quali i Crotti potenti arimanni Longobardi, cioè guerrieri Longobardi a cavallo, che nell’Alto Medioevo da Bergamo si stabilirono in questo territorio, contribuendo con il proprio nome alla toponomastica di varie zone della Valtellina. In seguito fu la volta del dominio del popolo dei Franchi, per poi passare sotto i Vescovi Principi.

Il Medioevo

Durante il Medioevo la Valtellina seguì le sorti della restante Lombardia. Essa fu sempre soggetta dal punto di vista ecclesiastico ai vescovi di Como, mentre civilmente dopo essere stata soggetta al Comune di Como e al Vescovo di Como venne incorporata verso la metà del XIV secolo nel Ducato di Milano. Gli abitanti dei vicini Grigioni, che già erano entrati più volte in Valtellina, nel 1512, approfittando delle invasioni straniere che avevano preso avvio nel 1494, la occuparono tutta pur garantendo alle popolazioni locali il rispetto degli antichi privilegi e consuetudini.

Il 27 giugno 1512, con il Giuramento di Teglio, la Valtellina venne ufficialmente annessa ai Grigioni. Gli svizzeri istituirono una struttura amministrativa costituita da un capitano di valle che risiedeva a Sondrio e che veniva sostituito ogni quattro anni, mentre gli altri due terzieri venivano retti da un podestà di durata biennale. A parte erano governati il ricco contado di Chiavenna e quello di Bormio che avevano alle spalle una lunga storia di indipendenza e autogoverno.

La dominazione del Grigioni

Il dominio grigione durò dal 1512 al 1797. Anzi, fino al 1525-1526 il dominio delle Tre Leghe comprendeva anche le tre pievi del Lario superiore (Dongo, Gravedona e Sorico, con i comuni circostanti), la pieve (disabitata in buona parte dopo un’alluvione) di Olonio (grosso modo corrispondente all’attuale Pian di Spagna) e la zona tra Colico e l’abbazia di Piona. Questi territori furono riconquistati da Giovanni Giacomo de’ Medici, castellano di Musso, e ceduti dalle Tre Leghe con il trattato di Ilanz, concluso nella primavera del 1526 con la mediazione di Francia, Venezia e del Papa. Nello stesso periodo le Tre Leghe accolsero la riforma protestante, ed il cattolicesimo divenne minoritario (sebbene consentito) a nord delle Alpi.

Durante questo periodo la Valtellina fu teatro di gravi scontri tra cattolici e protestanti. Anche in Valtellina erano numerosi i cristiani che avevano abbracciato la confessione riformata; questi protestanti valtellinesi potevano beneficiare anche della protezione dei magistrati inviati in valle dai Grigioni, come pure dell’arrivo di libri e di pastori attraverso le vie commerciali. I Grigioni vedevano con favore un allontanamento religioso della valle dalla Spagna, allora dominatrice del Ducato di Milano e una delle potenze principali dell’Europa cattolica nel XVII secolo.

Da Poschiavo la prima stamperia grigionese, nonostante il volere contrario del Papa e del Re di Spagna, distribuiva opere di autori riformati che giungevano in tutta Italia; la Valtellina era peraltro notoriamente aperta a quegli italiani che erano costretti a fuggire per sospetto di eresia: ad esempio Camillo Renato che fu a Traona, a Chiavenna e in altre località della Valle negli anni quaranta del XVI secolo.

A confronto con la dominazione esercitata dai Confederati elvetici su quella parte di Lombardia che oggi costituisce il canton Ticino, il governo dei Grigioni sulla Valtellina si mostrò in alcuni momenti più rigido e assunse anche chiare tendenze anticattoliche. In effetti, mentre i Confederati, cattolici per i 9/12simi, consideravano i territori acquisiti come terre sottomesse ma autonome, i Grigioni, vivendo in territori più poveri, ambivano all’annessione vera e propria della molto più fertile Valtellina. In questa prospettiva, anche l’elemento religioso poteva assumere valenze politiche, dal momento che un’adesione massiccia della Valtellina alla Riforma poteva separarla dalla sua antica rete relazionale lombarda, comasca e cattolica.

Fu per questa ragione che le Tre Leghe appoggiarono l’adesione di diversi loro sudditi valtellinesi alla Riforma (che, si noti, generalmente non proveniva dal nord delle Alpi, ma soprattutto da ex-ecclesiastici cattolici italiani che trovavano rifugio nelle vallate alpine). In alcuni casi i provvedimenti, formalmente volti a garantire la pacifica convivenza tra le due confessioni, finirono con l’avere ricadute particolarmente vessatorie per la parte cattolica. Soprattutto, la maggioranza della popolazione rimasta cattolica non tollerò di dovere condividere con i riformati le chiese parrocchiali, o di cedere alle comunità protestanti alcuni edifici di culto secondari, di proprietà pubblica, cui spesso era anche annesso un beneficio ecclesiastico (ciò poteva accadere anche in comunità dove i riformati erano molto pochi: bastava che ci fossero otto membri di Chiesa perché fosse garantito loro l’uso di un luogo di culto e il mantenimento di un pastore).

Con l’andare degli anni, l’avversione dei cattolici verso i protestanti, rinfocolata dai predicatori francescani e domenicani inviati in Valtellina da san Carlo Borromeo, raggiunse livelli critici. Fu la morte, in seguito a tortura, dell’arciprete di Sondrio Nicolò Rusca a sancire definitivamente la rottura tra la comunità riformata e quella cattolica. I cattolicissimi spagnoli avevano peraltro un forte interesse a transitare liberamente per la Valtellina, potendo così mettere in diretta relazione i possedimenti italiani degli Asburgo di Spagna con quelli imperiali degli Asburgo d’Austria aggirando la sempre più potente Venezia. Il governatore spagnolo di Milano finanziò largamente un gruppo di valtellinesi, guidati da Gian Giacomo Robustelli di Grosotto che si pose a capo di una congiura che nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1620 sfociò nel cosiddetto Sacro Macello di Valtellina.

In quella sola notte tutti i protestanti di Tirano, Teglio e Sondrio vennero trucidati o bruciati vivi dalle milizie cattoliche (solamente un piccolo gruppo di 70 persone di Sondrio riuscì a salvarsi rifugiandosi in Engadina). In totale perirono tra i 600 e i 700 protestanti valtellinesi. Questo funesto massacro segnò la fine dell’interventismo grigionese in campo religioso e della predicazione riformata in Valtellina: di conseguenza, anche il dominio delle Tre Leghe smise di essere fonte di rancore per i valtellinesi. Al contrario, parte delle élite locali spinsero per fare della Valle una quarta Lega al pari con le altre tre: queste speranze non si concretizzarono mai per la freddezza al riguardo delle prime tre Leghe, e poi per l’arrivo di Napoleone Bonaparte che pose termine al dominio grigionese.

Durante il tardo Cinquecento e il primo Seicento in Valtellina si diffuse, più che in ogni altra zona dell’arco alpino italiano, la coltura del grano saraceno, che conserva tuttora un ruolo importante nella cucina locale. Secondo una leggenda, riportata dal folclore locale, la diffusione di questa pianta originaria dell’Asia minore, fu favorita dalla presenza di schiave circasse o turche (poi prese in moglie) presso il comune di Grosio.

Dal 1797 alla Grande Guerra

Nel 1797 Napoleone Bonaparte separò definitivamente la Valtellina dai Grigioni e la unì alla Repubblica Cisalpina. La Valle seguì quindi, durante l’epoca napoleonica le vicende dell’intera Lombardia quale parte poi della Repubblica Italiana (1802-1805) e, in seguito, del Regno d’Italia guidato da Napoleone stesso e dal viceré Eugenio di Beauharnais.

Con la sconfitta di Napoleone gli Svizzeri tentarono di riprendersi la Valtellina (insieme alla Valchiavenna). Per contrastare tale operazione, i valtellinesi inviarono al Congresso di Vienna due delegati e quando dopo molti tentennamenti, il 27 aprile 1814, le truppe svizzere cercarono di scendere dalla Val Bregaglia su Chiavenna, la Valle risultò essere ormai già occupata dagli austriaci. Gli Svizzeri si ritirarono pertanto senza combattere.

Nei mesi seguenti, al Congresso di Vienna sembrò inizialmente che le pretese degli Svizzeri alla restituzione della Valtellina trovassero il consenso dei vincitori. Alla fine la Valle fu lasciata tuttavia al Regno Lombardo-Veneto e, dunque, in sostanza all’Austria, la quale, probabilmente, voleva assicurarsi il controllo dei passi alpini, in primis lo Stelvio. A tale esito contribuirono anche le lentezze degli Svizzeri, motivate dai dubbi sullo status da accordare alla valle (cantone autonomo o parte del Canton Grigioni) e sull’ostilità dei protestanti ad ammettere nella Confederazione un ulteriore cantone cattolico.

Nel 1859 a seguito della seconda guerra di indipendenza italiana la Valtellina fu annessa al Regno di Sardegna e, dunque, nel 1861 divenne parte del nuovo Regno d’Italia.

La prima e la seconda guerra mondiale

L’alta Valtellina fu marginale teatro di scontri durante la prima guerra mondiale (in particolare passo dello Stelvio e Ortles). Documenti dell’esercito elvetico stilati tra il 1870 ed il 1918 (come per esempio il rapporto del colonnello Arnold Keller) indicano piani avanzati d’invasione della Valtellina (così come della Val d’Ossola) sia a livello di tattiche difensive che offensive. Con queste manovre gli elvetici intendevano difendere i fianchi del Canton Ticino in caso di conflitto italo-svizzero. Prima e durante la Grande Guerra, fu costruita una linea difensiva italiana per impedire un eventuale sfondamento del Fronte attraverso la neutrale Svizzera (Linea Cadorna).

Alla fine della seconda guerra mondiale doveva diventare l’ultima roccaforte della Repubblica Sociale Italiana: si pensava infatti di raggruppare tutte le forze repubblichine in Valtellina creando il “Ridotto alpino repubblicano”, cosa che non avvenne, perché tutto l’apparato militare e paramilitare fascista si sciolse dopo il 25 aprile 1945.

L’alluvione del luglio 1987

Nell’estate del 1987 la Valtellina fu sconvolta da una serie di drammatici eventi naturali che causarono alcuni morti e numerosissimi danni all’intera valle. Il giorno 28 luglio 1987 l’abitato di Sant’Antonio Morignone, frazione del comune di Valdisotto, rimase sepolto sotto una vastissima frana staccatasi improvvisamente dal vicino Pizzo Coppetto. L’enorme quantità di rocce e detriti accumulatisi sul fondovalle a causa della frana ostruì il letto del fiume Adda.

Per garantire il regolare deflusso delle acque, nei mesi seguenti la Protezione Civile fu costretta a realizzare un percorso in gallerie sotterranee come alternativa all’originale letto del fiume, mentre per assicurare un costante controllo della situazione la Regione Lombardia decise di installare una rete di osservazione, progettata e realizzata ad una società di monitoraggio ambientale, costituita da 14 stazioni di monitoraggio.

  • Enrico Besta
  • Achille Compagnoni
  • Deborah Compagnoni
  • Marianna Longa
  • Giorgio Rocca
  • Pasquale Saraceno
  • Ezio Vanoni
  • Emilio Visconti Venosta
  • Giuseppe Piazzi
  • Diego Guicciardi
  • Enrico Guicciardi (senatore)
  • Pietro Ligari
  • Luigi Torelli
  • Giovanni Bertacchi
  • Pio Rajna
  • Pietro Pedranzini
  • Alex Bellini
  • Katia Pedrotti
  • Lorenzo Della Fonte
  • Arianna Fontana
  • Gigi Galli
  • Libero Della Briotta (senatore, vicepresidente del senato)
  • Francesco Gavazzi – Ciclista professionista
  • Sondrio Calcio Srl – Squadra di calcio a 11
  • A.S.D. Vatellina Futsal – Squadra di calcio a 5 dilettantistica
  • Sondrio Sportiva Rugby – Società rubystica
  • Arianna Fontana – Pattinatrice short track
  • Davide Gavazzi – Calciatore professionista
  • Daniele Padelli – Calciatore professionista
  • Roberto Nani – Sciatore Alpino Italiano

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